L’adolescenza è un periodo intenso, in cui si sviluppa con maggiore consapevolezza il bisogno di appartenenza, di riconoscimento e di accettazione da parte del gruppo dei pari: le relazioni sociali diventano sempre più importanti nel percorso di costruzione dell’identità e non sempre sono semplici o positive.
Tra coetanei è naturale che nascano incomprensioni, conflitti o momenti di tensione: le relazioni tra pari, infatti, non sono sempre lineari e possono essere influenzate da differenze di carattere, da insicurezze personali o da dinamiche di gruppo complesse. Tuttavia, quando queste difficoltà si ripetono nel tempo e assumono forme sistematiche di esclusione, denigrazione o sopraffazione, è importante fermarsi a riflettere: in certi casi, infatti, alcuni comportamenti possono evolvere in una vera e propria forma di prevaricazione che rientra nel fenomeno del bullismo.
Cos’è il bullismo?
Il bullismo è un fenomeno sociale caratterizzato da comportamenti intenzionalmente aggressivi messi in atto da un singolo individuo o da un gruppo, nei confronti di un altro individuo ritenuto più vulnerabile o isolata. Ciò che caratterizza il bullismo è la ripetitività nel tempo, l’intenzionalità e la disparità di potere tra chi agisce e chi subisce. Quando queste condizioni si verificano, non si tratta più di un semplice litigio o di uno scontro tra pari, ma di una forma di violenza che può avere conseguenze profonde sul piano emotivo e relazionale.
Può manifestarsi in tanti modi:
- parole offensive, prese in giro, minacce (bullismo verbale),
- spinte, schiaffi o danneggiamento di oggetti appartenenti alla vittima (bullismo fisico),
- esclusione o isolamento dal gruppo (bullismo sociale),
- attraverso i social (cyberbullismo).
Chi subisce questi comportamenti spesso si sente solo, sbagliato, invisibile. Una vittima di bullismo spesso si sente isolata, umiliata e impotente; spesso vive la sua condizione con un senso di vergogna, perché il bullismo colpisce soprattutto l’autostima. Questi sentimenti sono spesso accompagnati dal pensiero che nessuno possa comprendere o risolvere davvero la situazione, aumentando il senso di solitudine.
Chi è il bullo?
Dietro l’aggressività del bullo si nascondono spesso altre difficoltà: mancanza di empatia, bisogno di controllo, insicurezze, rabbia non gestita o vissuti complessi. Questo non giustifica, ma ci ricorda che ogni comportamento è una forma di comunicazione.
Non tutte le relazioni difficili si chiamano bullismo: è importante distinguere un episodio isolato, che può essere parte delle normali interazioni tra adolescenti, da una situazione più strutturata e ripetuta, in cui una persona viene presa di mira in modo mirato e continuativo.
Cosa può fare un genitore?
Il genitore deve piano piano specializzarsi nell’ascolto senza giudizio, nel fare domande aperte, senza pressioni.
Deve diventare abile a mostrare che c’è: gli adolescenti hanno bisogno di sentirsi liberi, ma anche sicuri e spesso non chiedono aiuto, ma osservano se l’adulto è capace di accoglierli quando ne avranno bisogno.
Quando un genitore si accorge che suo figlio o sua figlia è in difficoltà può contattare un esperto: chiedere aiuto non è un segno di fallimento, ma un gesto di amore e responsabilità, significa riconoscere la complessità della situazione ed avere il coraggio di affrontarla con gli strumenti giusti, per offrire il supporto più efficace possibile.
Per approfondire l’argomento:
- Franzoso, A. (2019). Ero un bullo. La vera storia di Daniel Zaccaro. Feltrinelli.
- Menesini, E. (2018). Prevenire e contrastare il bullismo e il cyberbullismo. Mondadori Education.
- Olweus, D. (2021). Bullismo a scuola: ragazzi oppressi, ragazzi che opprimono. Erickson.
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